E’ di tre gironi fa la notizia della morte di Vladimir Zhirinovsky: nazionalista, populista, xenofobo, anti-occidentale, incendiario, politico di lungo corso in Russia, morto all’età di 75 anni dopo una lunga malattia e aver contratto il Covid. Ex colonnello dell’Armata Rossa, era il leader storico del Partito liberal-democratico russo (Ldpr), l’estrema destra né liberale né tantomeno democratica fondata nel 1990.
E Vladimir Putin lo dice e si inchina al cospetto delle spoglie del più scatenato leader nazionalista russo sulle scena del Paese da almeno 33 anni, quando ancora l’Urss ed il Pcus non erano definitivamente tramontati. È l’ora del cordoglio generale in Russia, della commemorazione trasversale per un esponente politico eccentrico, tonitruante, spettacolare nelle parole e nelle sembianze, per il capo del primo partito politico che già alla fine del 1980, quando la perestrojka e la glasnost di Gorbaciov avevano rotto l’impianto del sistema sovietico. Un partito che si chiamava, e si chiama, liberal-democratico, il Pldr. Nato per dar fastidio, nella sua fase già discendente, a Mikhail Gorbaciov ma che di
idee liberali e democratiche vantava poco.
Che faceva a gara, con stile inedito e platealmente provocatorio, anche con il leader erede dello scomparso Pcus, Ghennady Ziuganov, leader del partito comunista russo. Zhirinovsky e Ziuganov, due capi nazionalisti che nel post-Urss, negli anni ambigui seguiti allo sfaldamento della federazione delle repubbliche sovietiche, hanno tentato di tener testa a Boris Eltsin e al suo pupillo Vladimir Putin. Ma si sa che, se c’è a disposizione l’originale, gli elettori lo preferiscono alle imitazioni. Infatti i due nazionalisti, un po’ da operetta eppure con un discreto seguito (attorno al 15-20%), sono sempre rimasti al palo, sebbene rappresentati dentro la Duma di Stato.
Nel video sotto vi riporponiamo alcuni interventi alla televisione russa sulla guerra contro l’Europa.
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