Nel decimo anniversario della guerra in Siria, a partire dalla conoscenza dei bisogni delle persone con cui lavoriamo da anni in Siria, Libano, Giordania, Iraq, in un appello AVSI lancia la richiesta di un drastico cambio di passo: lasciamo l’approccio di lifesaving, di pura emergenza, per optare per l’early recovery, la ricostruzione di infrastrutture essenziali e di coesione sociale con progetti di lungo respiro
1. Contesto e circostanze
In Siria la situazione umanitaria è in costante peggioramento, i dati parlano chiaro: 11.1 milioni di persone hanno necessità di aiuto umanitario. Di queste 4.8 milioni sono bambini, 6.1 milioni sono sfollati interni, più dell’80% della popolazione vive sotto la soglia di povertà (dati HRP 2020). L’instabilità cronica rende sempre più difficile intravedere vie di uscita, che ormai la popolazione stremata quasi non osa più chiedere.
Anche a livello regionale la situazione è drammatica.
Il rapporto Vulnerability Assessment of Syrian Refugees in Lebanon (VASyR 2020) dichiara che l’89% delle famiglie siriane rifugiate in Libano vive sotto alla soglia di povertà (dati simili in Iraq e Giordania).
Occorre agire presto per evitare la deriva in una guerra tra poveri, rischio più che mai attuale, come documentano segnali frequenti in questa direzione.
2. Dal lifesaving all’early recovery: un cambio di passo necessario ora
Alla luce del quadro descritto in estrema sintesi, lanciamo un nuovo appello: dobbiamo segnare un drastico cambio di passo.
Dobbiamo passare da un’azione umanitaria di lifesaving a una di early recovery, cioè devono essere finanziati dai grandi donatori (ONU e Unione europea in prima istanza) progetti che, con una vision di lungo respiro, lavorino sui prossimi 2-3 mesi a un piano di ricostruzione di infrastrutture essenziali, di scuole e di ospedali, e a una strategia di ripartenza.
Un elemento chiave, un grimaldello, è la sfida dei Rientri Volontari in Siria: ad oggi sono cominciati, se ne contano 38.223 nel 2020 (dati UNHCR), e aumenteranno nei prossimi mesi.
Come rendere possibili i rientri e come sostenere chi decide di rimpatriare lungo il suo percorso? Occorre individuare soggetti adeguati a questa azione di preparazione e accompagnamento e stilare le priorità di intervento.
3. I soggetti
Molte ong (tra queste anche le italiane) che lavorano oggi in Siria hanno progetti importanti anche per i siriani in Libano e Paesi di confine, e in forza di questa loro presenza regionale, conoscenza ed esperienza sul terreno hanno gli strumenti e la statura per proporsi a UNHCR come partner per realizzare progetti di Rientri Volontari Assistiti, che accompagnino queste persone e dia loro la possibilità di rientrare in patria, ripartire e partecipare attivamente alla rinascita del Paese.
4. Priorità
Perché i siriani decidano di rientrare a casa loro, di concorrere a far ripartire l’economia siriana, alleggerendo della loro presenza i Paesi ospitanti (che sempre più avvertono la pressione della presenza dei rifugiati), occorre garantire loro le condizioni essenziali: vanno restaurati i servizi essenziali in Siria, ricostruite case, scuole, ospedali, strade, da una parte, ma anche una forma rinnovata di coesione sociale. Cioè i siriani devono poter ritrovare una comunità, non nuove forme di emarginazione, né sistemazioni in periferie dormitorio.
Il cambio di passo che chiediamo è questo: un’azione simultanea e tempestiva per cui, mentre si sostengono con progetti di livelihood, educazione e formazione al lavoro i siriani riparati all’estero e si studiano i percorsi di rientro, si devono creare le condizioni materiali e di coesione sociale per una vita degna in Siria.
Serve un’azione di insieme e integrata: gli stati, le organizzazioni internazionali, la UE devono stanziare fondi proprio per finanziare questo tipo di attività.
Il tempo è esaurito. Occorre agire ora.
Le organizzazioni esperte ci sono già, operative sul terreno, occorre mettere a frutto le lezioni apprese fin qui e lasciare che i siriani, da protagonisti, possano essere accompagnati a entrare senza esitazioni in un tempo nuovo di ricostruzione e ripartenza.
Post Scriptum
Si è registrato anche un cambiamento positivo: un’apertura del governo siriano – nelle aree sotto il suo controllo – all’azione umanitaria, che permette le visite sul terreno previa autorizzazione, la condivisione della scelta dei beneficiari, che prima erano di fatto pre-selezionati, il dialogo con ministeri tecnici, governatorati o municipalità. Anche i temi della protezione e PSS non sono più tabù. Si conferma la necessità di tenere aperta questa interlocuzione con MOFA, SARC e Syrian Trust e con i Ministeri competenti.
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