Di Fabio Casalini

L’iprite è uno dei gas impiegati per la guerra chimica; è conosciuto anche come gas mostarda per il suo caratteristico odore.L’iprite fu utilizzata per la prima volta durante la prima guerra mondiale nel settore belga di Ypres, da cui il nome, il 12 luglio 1917 per iniziativa di Erich von Falkenhayn e Alberto di Württemberg dell’esercito tedesco.Le sue caratteristiche principali (azione per contatto e lunga persistenza ambientale) e le lesioni che procura (a insorgenza lenta e inabilitanti per lungo periodo) lo resero subito un’arma innovativa in una guerra che cercava nella tecnologia un aiuto per sfuggire all’immobilità della trincea.Nel nostro paese l’iprite è nota per il suo largo utilizzo nella Guerra d’Etiopia.La guerra d’Etiopia si svolse tra il 3 ottobre 1935 e il 5 maggio 1936 e vide contrapposti il Regno d’Italia e l’Impero d’Etiopia. Condotte inizialmente dal generale Emilio De Bono, rimpiazzato poi dal maresciallo Pietro Badoglio, le forze italiane invasero l’Etiopia a partire dalla Colonia eritrea a nord, mentre un fronte secondario fu aperto a sud-est dalle forze del generale Rodolfo Graziani dislocate nella Somalia italiana. Nonostante una dura resistenza, le forze etiopi furono soverchiate dalla superiorità numerica e tecnologica degli italiani e il conflitto si concluse con l’ingresso delle forze di Badoglio nella capitale Addis Abeba.La pianificazione operativa italiana dell’attacco all’Etiopia prevedeva fin dall’inizio la possibilità dell’impiego delle armi chimiche, in particolare gas asfissianti, in spregio alla convenzioni di Ginevra del 1925 che le bandiva dall’utilizzo in guerra (dopo la traumatica esperienza del primo conflitto mondiale) e che era stata sottoscritta pure dalla stessa Italia fascista.Mussolini, fin dalle direttive del 31 dicembre 1934 indirizzate al Capo di Stato Maggiore Badoglio, aveva previsto in modo esplicito l’uso dei gas, scrivendo circa la necessità di raggiungere la «superiorità assoluta di artiglierie di gas». In seguito fu direttamente Badoglio che, a partire dal 22 dicembre 1935, prese la decisione di impiegare in modo cospicuo gli aggressivi chimici.Dal 22 dicembre 1935 al 18 gennaio 1936 furono impiegati sui settori settentrionali 2 000 quintali di bombe, di cui una parte con gas; il 5 gennaio Mussolini aveva richiesto una pausa delle operazioni per motivi di politica internazionale, in attesa di alcune riunioni della Società delle Nazioni, ma fin dal 9 Badoglio riprese i bombardamenti chimici e comunicò a Roma gli effetti terrorizzanti sul nemico. Mussolini a più riprese approvò questo comportamento.Badoglio e l’apparato militare italiano mantennero uno stretto segreto sulla guerra chimica: i giornalisti furono tenuti lontano.Grazie a queste precauzioni, la grande maggioranza dei soldati italiani non venne a conoscenza dell’impiego dei gas e non ebbe esperienza diretta dei fatti; al contrario le testimonianze furono numerosissime tra gli ex-combattenti etiopici. Hailé Selassié, imperatore d’Etiopia, denunciò di fronte alla Società delle Nazioni l’uso da parte dell’esercito italiano di armi chimiche contro la popolazione etiope.La denuncia del negus alla Società delle Nazioni, le testimonianze di osservatori e giornalisti stranieri e il bombardamento italiano di ospedali da campo svedesi e belgi, costrinsero il regime, dopo avere prima negato recisamente, ad ammissioni parziali, minimizzando le dimensioni dei fatti e giustificandoli come ritorsioni legittime per l’impiego di pallottole esplosive “dum-dum” da parte etiopica, vietate dalle convenzioni di Ginevra.Nel 1996 il generale Domenico Corcione, allora ministro della Difesa, riferì al Parlamento che, durante la guerra d’Etiopia, furono impiegate bombe d’aereo e proiettili d’artiglieria caricati a iprite e arsine, utilizzo noto al maresciallo Badoglio che firmò di proprio pugno alcune relazioni e comunicazioni in merito.Se non fosse per Del Boca e Rochat noi oggi sapremmo poco o nulla di questi avvenimenti. Un giornalista, Montanelli, attaccò duramente la visione di Del Boca parlando da testimone dei fatti. Del Boca rispose tramite le pagine del Corriere inducendo Montanelli ad arretrare dalle proprie posizioni, sbagliate, e ad ammettere che “i documenti mi danno torto”.

➡️Bibliografia

Angelo Del Boca, Gli italiani in Africa Orientale – II. La conquista dell’Impero, Milano, Mondadori, 2009Angelo Del Boca, Italiani, brava gente?, Vicenza, Neri Pozza, 2014Giorgio Rochat, Le guerre italiane in Libia e in Etiopia dal 1896 al 1939, Udine, Gaspari Editore, 2009

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