Decine di migliaia di persone si sono radunate nel centro della capitale serba, Belgrado, il 3 giugno per la quinta protesta antigovernativa delle ultime settimane.
Le proteste sono state innescate da due sparatorie di massa all’inizio di maggio che hanno provocato la morte di 18 persone e diversi feriti. La metà delle vittime erano studenti di una scuola elementare di Belgrado. Quella sparatoria è stata eseguita da uno studente di 13 anni.
I manifestanti, che marciano sotto lo slogan “Serbia contro la violenza”, accusano il governo di alimentare una cultura della violenza, nonché un’atmosfera di disperazione e divisione, nel paese attraverso i media statali.
“Il fatto che voi giovani siate scesi in piazza con un chiaro messaggio che non vivrete più in questa società malata fa sperare che forse ci rialzeremo”, ha detto alla manifestazione il popolare attore Dragan Bjelogrlic.
Hanno chiesto la revoca delle licenze di trasmissione di emittenti televisive e radiofoniche che promuovono la violenza, nonché la chiusura dei giornali governativi che hanno sollecitato la violenza contro i dissidenti politici. Hanno chiesto le dimissioni di tutti i membri dell’agenzia di regolamentazione che sovrintende ai mezzi di trasmissione.
I manifestanti hanno anche chiesto le dimissioni del ministro dell’Interno, Bratislav Gasic, e del capo dell’agenzia di intelligence nazionale, Aleksandar Vulin.
La manifestazione è iniziata fuori dall’edificio del parlamento serbo, dopodiché i manifestanti hanno marciato verso l’ufficio del presidente. Gli organizzatori hanno esortato i manifestanti a scrivere messaggi al presidente Aleksandar Vucic, che dovevano essere raccolti e presentati a lui.
I manifestanti hanno anche deposto fiori fuori dal complesso degli uffici presidenziali.
I critici dell’opposizione hanno accusato Vucic, 53 anni, di andare alla deriva verso l’autoritarismo per anni, utilizzando misure dure per frammentare l’opposizione ed esercitando un fermo controllo sui media statali.
Vucic ha liquidato le proteste come una “trovata pubblicitaria” e ha affermato senza prove che siano state orchestrate da “potenze straniere”.
Dopo le sparatorie, il governo ha rafforzato la presenza della polizia nelle scuole e ha esortato il pubblico a consegnare le armi.
Successivamente il ministro dell’Istruzione Branko Ruzic si è dimesso.
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