Autore: Anna Ascani Pubblicato su AgendaDigitale

I vaccini che hanno permesso la pronta reazione delle scuole all’emergenza covid vanno cercati nel Piano Nazionale Scuola Digitale. Le risorse investite e il lavoro espresso non sono stati vani. Ora occorre lavorare per consolidare le metodologie e rendere più sicuri gli ambienti digitali di lavoro, e la strada è lunga

Che le scuole abbiano risposto oltre ogni più rosea aspettativa all’emergenza, introducendo in tempi rapidissimi un’alternativa concreta alla didattica in classe, è forse una delle poche belle notizie di questi mesi. A macchina avviata, è importante vedere questa risposta in una prospettiva più ampia. È chiaro ormai che non si tratta di una reazione sporadica, di una fiammata, ma che l’esperienza si sta strutturando sui tre assi fondamentali che animano da sempre il Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD): Strumenti, Formazione, Competenze. In queste settimane difficili le scuole stanno selezionando e proponendo strumenti, stanno sostenendosi attraverso una formazione sempre più capillare e metodologica, stanno schierando competenze digitali in tutte le proprie componenti (docenti, alunni, famiglie) rendendole più diffuse e sviluppando una sempre maggiore padronanza.

Digitale a scuola, da superfluo a essenziale

Gli istituti che hanno reagito subito all’emergenza sono stati quelli che già avevano consolidato nella propria comunità educante attività con il digitale e che possedevano ormai da tempo ambienti condivisi in cui lavorare nella didattica ordinaria. Per intenderci, quelle scuole in cui il lavoro degli animatori digitali, dei gruppi e dei docenti, e la capacità di leggere il sistema da parte dei dirigenti, ha permesso di accogliere proficuamente le proposte del PNSD. La novità è che alcune di quelle proposte che spesso sono diventate divisive, anche nel dibattito pedagogico, adesso sono diventate necessarie per garantire la didattica ordinaria. Quello che sembrava superfluo per molte scuole, oggi è diventato essenziale.

“La scuola non si ferma, uniti ce la faremo” non è solo uno slogan che sta invadendo i social frequentati dai docenti, ma un dato di fatto. Le scuole stanno sostenendosi a vicenda, mettendo a disposizione le competenze dei docenti più attrezzati e condividendo esperienze e criticità. Le “macchie di leopardo” che caratterizzavano la fotografia della digitalizzazione delle scuole fino a qualche mese fa sembrano a man mano espandersi fino a diventare una tinta unica. La fotografia di oggi è sempre più uniforme, grazie alla reazione dei docenti che si sono impegnati oltre l’inverosimile a superare gli ostacoli di ordine tecnico permettendo alla assoluta maggioranza degli alunni di fruire di un’offerta formativa ampia e strutturata. Manca una percentuale (che le scuole stanno monitorando) di alunni non raggiungibili o difficili da coinvolgere, su cui dovremo attivare percorsi di integrazione e recupero per garantire loro il diritto allo studio.

Le possibilità di sviluppo su cui lavorare

Alla luce di questo quadro positivo sarebbe un errore di valutazione non considerare che gli antidoti all’emergenza, i vaccini che hanno permesso questa reazione, sono proprio nello sviluppo del Piano Nazionale Scuola Digitale nell’ultimo lustro. Le risorse investite dal 2015 a oggi e il lavoro espresso non sono dunque stati vani, pur con tutte le criticità e le strettoie che ci sono state. Ora si tratta di lavorare, come si sta facendo, per consolidare le metodologie e rendere sempre più sicuri e frequentati gli ambienti digitali di lavoro, che sono reali estensioni delle aule, cercando di raggiungere il maggiore numero di studenti possibile. Ancora, occorre far tesoro di quanto stiamo imparando come scuola, per non disperdere poi il patrimonio di competenze e opportunità didattiche che i docenti stanno introducendo.

Ci sono possibilità di sviluppo su cui dobbiamo ragionare e lavorare, strutturando una seria riflessione nel collegio docenti sulle intersezioni fra le competenze disciplinari, relazionali e digitali. È solo la scuola, oggi, che può assolvere la funzione sociale e culturale di colmare i digital divide nelle nuove generazioni, così ben evidenziati in queste settimane di didattica a distanza.

Non possiamo tornare indietro, pensando che nulla sia successo. Questa accelerazione deve portare un reale cambiamento strutturale alla nostra scuola, cominciando finalmente a dare la giusta dignità all’editoria digitale e all’autoproduzione, al digital lending e alla content curation.

Attenzione però a non confondere il nuovo con l’innovativo, la didattica a distanza con il definitivo consolidamento del curricolo digitale. La strada è ancora lunga: a fronte di scuole che stanno realmente innovando la didattica, ce ne sono altre che provano a riproporre modalità frontali e di assegnazione di compiti in modo pedissequo e pedagogicamente poco efficace. Ancora, a fronte di competenze digitali e di cittadinanza digitale messe in campo nella didattica a distanza, rimane l’”altra faccia della luna” che si occupa di progettazione e di fabbricazione, di programmazione, di prototipazione, di robotica, di creatività e di varietà dei linguaggi negli editing video o audio, di grafica digitale. Alcune scuole stanno proponendo anche a distanza alcune di queste attività in modo destrutturato, in percorsi interdisciplinari o come proposte di attività autentiche, ma rimangono una stretta minoranza. Eppure, proprio questi potrebbero diventare quei nuclei di lavoro rivolti a piccoli gruppi per sviluppare microprogetti, per imparare facendo, per favorire proposte che superino le singole discipline in attività di sintesi. Ci sono vari esempi sul territorio in cui le cosiddette humanities si legano alle proposte di costruzione tecnologica di prodotti o file digitali, sviluppando sul campo efficaci percorsi di lavoro sulle Steam e sui linguaggi.

La lezione di Gianni Rodari

La “destrutturazione” delle modalità più comuni del fare scuola dettate dall’attuale emergenza potrebbero portarci a ripensare alla didattica in un modo nuovo.

In questi giorni è caduto il quarantesimo anniversario della morte di Rodari. Credo che in questo periodo alla consapevolezza della responsabilità educativa vada integrata la leggerezza della fantasia e l’ottimismo della creatività. La ricostruzione e il futuro devono partire dalle cartelle anche digitali dei nostri ragazzi. Andiamo avanti quindi con determinazione verso lo sviluppo della connettività nelle scuole italiane, nella proposta di nuovi ambienti di apprendimento e di strumenti digitali, nella individuazione di attività e modelli di riferimento per la costruzione dei nuovi curricoli.

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